24.10.12

Intervista al Dr. Lorenzi, neuroscienziato del comportamento violento sul caso Yara Gambirasio.

Incontro Alfredo Lorenzi, ricercatore nel campo delle neuroscienze del comportamento violento e
aggressivo, specialista di analisi espressive e comportamentali in fatti violenti.

D. Che idea si è fatto del caso della piccola Yara?
R. Ho avuto modo di seguire abbastanza bene il caso, e devo dire che il tutto è partito molto male. Voglio dire, la macchina che si deve mettere in moto in questi casi (scomparsa di una giovane di sesso femminile, senza alcun motivo o preavviso), deve seguire una procedura tipica che coinvolge una tipica organizzazione. 
D. Cosa intende dire con organizzazione e macchina?
R. L'organizzazione è tutto quello che deve essere giù esistente, già creato e organizzato per i casi come quello di Yara, vale a dire mezzi e personale,  la macchina invece fa riferimento a tutti i requisiti di utilizzo dell'organizzazione. In particolare, occorre disporre di una sezione specializzata per i casi di scomparsa (che sono sospetti di trasformarsi in rapimento o in fatto violento ad opera del soggetto scomparso o di altri), occorre disporre di una direzione delle indagini, un centro di comando e controllo altamente qualificato e specializzato e uomini e mezzi da impiegare sul territorio. 
L'uso di questi uomini e mezzi deve seguire un criterio di massima celerità, dal momento che sappiamo che si deve seguire un percorso di ricostruzione accurato dei passi e movimenti della scomparsa, dall'ultima volta che è stata vista fino all'esplorazione di tutte le possibili casistiche di comportamento da quel momento alla sua scomparsa. Occorre rastrellare sul posto dell'ultimo avvistamento tutte le possibili tracce e testimonianze, ricorrendo ai soliti mezzi, quali istituzione immediata di linee telefoniche preferenziali, volantini, avvisare la popolazione della zona anche con uso di altoparlanti e non cadere nell'errore di mettere nei guai i soliti mitomani o coloro che per farsi vedere raccontano cose inutili o non veritiere.

Utilizzare subito i cani addestrati, e naturalmente, seguire le piste che le eventuali testimonianze assennate, possono indicare. Occorre poi cominciare a formulare delle ipotesi e in base a queste ipotesi, almeno un paio, si deve esplorarle subito, ad esempio allargando l'area di ricerca ai soliti posti tipici (campi, parchi, zone con argini di fiumi e ambienti simili).

Chi deve fare questo lavoro? solo personale estremamente qualificato, non certo quattro signori in pensione, che hanno seguito un corso mezzo fasullo di quelli delle centinaia che sono impartiti dalle regioni o provincie e comuni, tramite associazioni spesso politicizzate (garanzia di basso livello).

Trovato il cadavere, si compiono le operazioni di analisi e si ricavano informazioni precise sul tipo di aggressione subita e quindi sul tipo di spinta che ha motivato l'offender, ad esempio quella sessuale o il craving di sangue. Quindi si traccia un profilo dell'offender (età, sesso, tipo di impulsi e caratteristiche di funzionamento psicologico e personologico) e si inizia una attività di ricerca del nostro uomo.
Se poi si trovano tracce biologiche inequivocabili dell'offender (ad esempio, sangue, saliva, sperma), si compiono le analisi di profilo del Dna, e questo profilo servirà per confronto con le persone che in base al profilo psicologico sono poi sospettate e richieste di prelievo del Dna. 
L'analisi del Dna occorre valutare se è basata su un campione ampio o se occorre amplificarlo; se ne abbiamo poco, l'analisi non sarà molto accurata e potrebbe essere sballata e comunque non ci potrà dire se quella traccia originariamente reperita è perfettamente accoppiata a quella del nostro uomo. Se è sufficientemente ampia, senza amplificazione potremo avvalerci di una analisi su molti loci, e in questo modo siamo abbastanza certi, con uno scarto irrilevante, che il nostro uomo era presente sulla scena del crimine e in particolare al punto da lasciare una traccia biologica di sé sul corpo o vestiti della vittima. Quindi, che era non solo presente ma era anche uno o il solo agente dell'azione omicida. 

D. Cosa significa se il Dna è poco o tanto? 
R. Se prendiamo un singolo locus tra lei e me, è molto probabile che si rilevino una serie di concordanze biologiche, vale a dire nella sequenza delle coppie di basi del Dna, al punto che per un buon 99,8% siamo simili. Ma questo dato, comincerà a distanziarsi un poco di più, se analizziamo non un solo locus, un solo punto ma due punti, dieci punti, fino a trenta punti. In questo caso, vediamo che il codice genetico che è perfettamente identico come linguaggio, come codifica, tuttavia, per il concetto dei loci doppi, inizia a differenziarsi in rapporto di una coppia di basi ogni 150-280 tra un individuo e l'altro.
Questo significa che se tra me e lei prendiamo non un solo punto ma un venti punti, magari troviamo che la nostra profilazione si assomiglia per il 99,4%, mentre se fossimo fratelli sarebbe magari del 99,8%, lo stesso risultato trovato su un solo punto.

D. Qusto cosa significa per il caso di Yara?
R. Significa a questo punto tutto, dal momento che la procura, il magistrato che ha diretto le indagini (facendo tornare indietro una grande nave da trasporto dove c'era il marocchino inizialmente sospettato), ormai punta tutto sulla comparazione del Dna. Al punto in cui siamo giunti, dopo un clamoroso errore del laboratorio di analisi, da Pesaro siamo giunti ad una famiglia di una zona vicina e plausibile con la residenza dell'offender, ma il punto è che la persona che più si sovrappone (coincide) con il Dna dell'offender è una persona anziana, per giunta giù morta da molti anni e senza figli. 

D. Ma allora. finisce tutto qui?
R. Direi che sostanzialmente, per le casistiche che conosco, si è giunti ad un punto morto, che sarà molto difficile superare. Per questo si è deciso dopo aver fatto uscire di scena il marocchino, di indagarlo di nuovo: per non chiudere una porta completamente e alternativa a quella dell'analisi del Dna.
E' certo al 100% che Fikri non è il nostro uomo, voglio dire, che non ci sono tracce biologiche sue rinvenute sulla scena del crimine (ma non si esclude che sappia, abbia visto o sentito anche indirettamente, abbia protetto o comunque sia a un qualsiasi livello coinvolto).

D. Quindi, per lei, non ci sono più probabilità di scoprire il colpevole?
R. Direi che per la pista del Dna, siamo giunti ad una assolutamente improbabile prospettazione di un figlio illegittimo, e debbo ricordare che il Dna dovrebbe servire come prova principe di conferma di una ipotesi e di un incriminato, non come invece accaduto qui, di partire dal Dna per risalire al profilo del colpevole. Le ricordo che tutti siamo fortemente imparentati, occorre analizzare una buona parte di Dna ooriginale per trovare significative e solide parentele strette. Pensi che tra me e uno scimpanzé siamo al 98% di similarità.

D. Ma se Lei ha detto che tra me e lei potremmo trovare il 98% come è possibile che esista una tale differenza con una scimmia?
R. Occorre considerare il funzionamento del Dna, che è fatto per rispondere all'ambiente: mi riferisco alla espressione dei geni alla loro regolazione e deregolazione (molti geni sono ridondanti e molti non sono espressi o solo parzialmente). In tal modo le differenze fenotipiche tra me e la scimmia, sono come potrà notare, per quanto non tanto elevate comunque ben distinguibili, almeno spero.

D. Per concludere, se lei dovesse seguire il caso e consigliare qualche azione, cosa farebbe?
R. Cercherei di svignarmela a tutta birra, quando mi rendo conto che un magistrato va in ferie e il caso passa ad un altro e che la ricerca del corpo è fatta senza cani e da persone non specializzate. Ma se proprio dovessi essere costretto a restare, cercherei di mettere una clausola di salvaguardia al mio curriculo professionale (che non è quello di un criminologo, anche se sono laureato in biologia e psicologia), imponendo di essere seguito nella mia operazione di analisi del comportamento e ricostruzione delle azioni della vittima e dell'offender.

D. Può spiegarci cosa intende?
R. In poche parole, prima analizzo le due personalità, vittima e offender, cerco di farmi un'idea credibile del funzionamento delle due personalità e quindi dei loro possibili comportamenti in determinate situazioni, poi comincio a mettere in fila queste informazioni e a farle correre all'interno del canale scavato dall'analisi della scena del crimine e del corpo della povera Yara, dalla sua uscita di casa fino all'uscita dalla palestra.
A quel punto, tra mille gradi di libertà, ho però una serie di informazioni non male, su sesso, età,  razza, funzionamento pulsionale e comportamento relazionale dell'offender e dove potrebbe operare e vivere e in base a questo, inizio a far scattare delle silenziosissime indagini, raccogliendo informazioni su tipi che rispondono al profilo e mettendoli sotto attenta osservazione (dico osservazione e intendo tutto quello che si deve fare in questi casi). Ci vuole fortuna, ma a volte, quando meno te l'aspetti, il nostro uomo compie un passo falso, è quello che cerchiamo. E non credo che si tratti di una etnia Nord Africana quella che ha compiuto il crimine, ma sono da sempre orientato sulla discoteca vicina alla scena del crimine.

Perché i cani sono finiti al cantiere di Mapello?
Secondo me è possibile che l'offender sia passato da Mapello, magari per cambiare auto, o per far scendere un complice, mi spiego?

Antonella Rebecchi per perdentipuntocom