2.3.14

L'onda energetica fosforescente che si propaga da cellula a cellula nella vita e nella morte.

Si è già parlato in altre occasioni del fatto che la nostra materia, di cui è composto il mondo
e noi stessi, non è propriamente una materia solida, come comunemente intesa ma una radiazione energetica, inserita in un campo energetico multi direzionale e risultante di molteplicità di campi. In altre parole, ma ripeto, si è già parlato di questi aspetti più in dettaglio, per quanto sembri bizzarro, la materia che compone una lastra di piombo e quella che veicola i nostri pensieri si riducono entrambe a forme di interazione elettromagnetica, inserite in campi energetici collegati e interconnessi (interferenti) tra loro.
Sappiamo anche, e lo sappiamo da tempo e con certezza, che l'energia emanata dai corpi fisici è caratterizzata da aspetti quantici peculiari, che ne determinano le caratteristiche e il modo di percepirla; in particolare, sappiamo che questa energia è composta anche di fotoni, e all'interno delle catene proteiche complesse, l'energia elettromagnetica e i campi in cui si espande, assume una particolare lunghezza d'onda e micro intensità (N fotoni per micro secondo), che determina una determinata luminescenza e colorazione.

Al di là delle forze di  Van der Waals.

Sappiamo che le forze interattive differenti da quelle derivanti dalle particelle atomiche, che regolano i legami chimici tra atomi (legame ionico e covalente), sono forze elettromagnetiche indotte, di lungo raggio se attrattive, di cortissimo se repulsive, e sono poste alla base della conformazione o struttura delle catene molecolari complesse e non solo. Ad esempio, una grande molecola proteica, possiede una struttura primaria , una secondaria, una terziaria e infine una quaternaria. Questa struttura quaternaria, in particolar modo, è da ascriversi o viene ascritta alle forze di Van der Walls, che attraverso un gioco di attrazioni e repulsioni degli atomi che compongono la molecola, ne determina una particolare accartocciamento che ne stabilisce una configurazione stabile e attiva, cioè in grado di essere modificata attraverso l'interazione tra i siti attivi della molecola proteica complessa e altre molecole, piccole o comunque grandi.

Questo è quello che la scienza ammette da almeno 80 anni, senza cambiamenti sostanziali. Ma ci sono stati nel frattempo, alla fine della seconda guerra mondiale, gli studi di un ricercatore sovietico, di notevole importanza, poi proseguiti in Germania, Alexander Gurwitsch e collaboratori, ha presupposto, ma non pienamente dimostrato, che in realtà, le forze che determinano la forma e la proprietà della materia biologica, non si trovano solo nelle forze interatomiche e di VdW, ma nella relazione di micro campi elettromagnetici di specifiche caratteristiche, emessi e propagati dalle singole cellule dei tessuti, mediati da emissioni di fotoni emessi dalle cellule, e quindi denominati biofotoni. 

Sappiamo ormai da tempo, che è certa la creazione da parte di ciascuna cellula vivente di una serie di micro campi elettromagnetici, risultanti dalle componenti cellulari che interagiscono e liberano fotoni, sia pure su livelli molto bassi e praticamente non quantificabili se non quando si considera un tessuto nella sua interezza.
Gli studi russi e tedeschi ma anche svedesi e olandesi, ci hanno mostrato, senza fornirci una prova inconfutabile, che comunque è assai ragionevole ritenere che la struttura biologica della materia, almeno quando si considerano macro molecole ad esempio il Dna, è in definitiva determinata o almeno stabilizzata dalla interazione dei campi magnetici circostanti, cioè di quelli determinati dalle emissioni biofotoniche delle molecole. 
Ci sono sufficienti evidenze anche se non definitivamente provate, che all'interno del Dna si producano onde fotoniche luminescenti, probabilmente connesse all'interazione e al cambiamento direzionale dei micro campi elettromagnetici sia della molecola che dalle molecole nucleari circostanti, e infine dai campi in cui la molecola e la cellula è collocata.
Ma per quello che ci interessa in questo articolo, è porre in risalto il fatto che seppur non definitivamente provato, sembra molto verosimile che la conformazione e proprietà della materia biologica in particolare, sia la risultanza anche e soprattutto da queste interazioni energetiche di immersioni, come sono definite, cioè dei campi elettro magnetici in cui sono situate e nei quali interagiscono con i loro stessi campi ad emissione biofotonica. 
Già ho cercato in altri articoli di raffigurare come si potrebbe vedere a livello di un micro campo, questa realtà (sub particella), descrivendola come un rapido susseguirsi, al momento in cui in un punto della molecola ad esempio di Dna, si raggiunge un certo livello di interazione energetica, di lampi elettro magnetici  dotati di fosforescenza, che attraversano punti diversi della molecola, propagandosi come una sorta di circuito riverberante. Diversamente, si deve continuare a credere che una molecola di Dna sia una macromolecola praticamente stabile, immutabile, dove le forze intranucleari sono in equilibrio, senza alcuna interazione di sorta, a parte interventi esterni (sostanze, ultrasuoni, luci, energie magnetiche e simili9, introdotte dall'ambiente.
La ricerca sovietica e russa, tedesca e scandinava, si è assai interessata a queste tematiche e prospettive, andando oltre, promuovendo la costruzione di macchinari e dispositivi, in grado, nell'intenzione, di poter interferire con questi campi energetici biologici, al momento su di un livello grossolano, vale a dire, attraverso la generazione di campi direzionali, veicolati a livello di porzioni di tessuto, al fine di promuovere un cambiamento benefico contro le patologie dei tessuti e delle cellule. 

Anche nel laboratorio dove lavoro da anni, si stanno da tempo effettuando studi basati sulle interazioni dei campi elettromagnetici a livello cellulare, in particolare utilizzando come cavie i soliti lombrichi e vermi (studiati per i fenomeni di ageing), simili nei meccanismi cellulari, ai mammiferi. Il nostro studio, o meglio quello dei colleghi perché io mi interesso di aspetti legati alla aggressività e violenza, mostra che alcuni tipi di interazione elettromagnetica sono sicuramente efficaci, e si nota a livello sia della cellula che del nucleo e del Dna, un incremento molto significativo dell'emissione di biofotoni (scariche luminescenti). Le fluorescenze che osserviamo al microscopio a fluorescenza e con lenti particolari, mostra rapidissime scariche luminose, di colore verde e arancio, dipendendo dal livello di energia che provoca il rilascio dei biofotoni e dal punto della spirale molecolare da cui si dipartono. Sono delle brillanze, non rilevabili ad occhio nudo ma solo con elaborazione quantitativa computerizzata, in grado di darci sia la quantità di energia che la localizzazione probabile sulla molecola (Dna).
Sui tessuti malati queste interazioni sono del tutto differenziate ma gli strumenti con cui effettuiamo l'interazione, anche condotta su singola cellula, non ci ha permesso di ottenere mai, fino ad ora, un ripristino delle condizioni normali di funzionamento cellulare. Più promettente sembra l'uso delle interazioni su singola cellula sana, determinandone un miglioramento del flusso fotonico, e in definitiva dell'equilibrio energetico individuale e nel tessuto in cui si colloca.

Alcuni mesi fa, David Gems dell'Institute of Healt Ageing of  London University College, ha pubblicato uno studio che possiamo definire come l'onda blu di propagazione fluorescente della morte (nei vermi). Questa scoperta non si collega in alcun modo, per questo la scrivo di seguito, con gli studi di cui sopra. Infatti, sappiamo che la colorazione bluastra delle cellule in apoptosis, in morte, è dovuta sia all'accumulo di lipofuscina, che determina questo tipo di fluorescenza bluastra ma anche a  acido antranilico, e nell'insieme, durante la morte di un organismo come il verme, possiamo vedere al microscopio questa onda di propagazione fosforescente, di colore bluastro, che dal capo arriva alla coda, terminando con la morte dell'organismo. Da tempo stiamo cercando i geni che determinano apoptosis nei vermi, quelli che li contrastano e le singole sostanze che possono essere utili a rallentare l'invecchiamento cellulare, ad esempio contrastando con antranilina, l'accumulo di lipofuscina.